We Will Design: We have an I.D.E.A. è il tema dell’edizione 2023 Dal 17 al 23 aprile We Will Design, il grande laboratorio sperimentale promosso da BASE, presenta...
We Will Design: We have an I.D.E.A. è il tema dell’edizione 2023
Dal 17 al 23 aprile We Will Design, il grande laboratorio sperimentale promosso da BASE, presenta progetti di designer da tutto il mondo, scuole, università, istituzioni internazionali e giovani studenti, sviluppati attorno all’acronimo I.D.E.A. – Inclusione, Diversità, Equità e Accessibilità.
L’obiettivo: attivare una riflessione sul concetto di design democratico, plurale e inclusivo, capace di coinvolgere persone di tutte le età, abilità, genere e cultura.
Inclusione. Diversità. Equità. Accessibilità: dal 17 al 23 aprile BASE porta alla Design Week 2023 la terza edizione di We Will Design: We have an I.D.E.A. con designer provenienti da tutto il mondo, scuole, università, istituzioni internazionali, giovani studenti che riflettono sul concetto di design plurale e inclusivo. Per tutta la settimana del design BASE presenta progetti inediti, esposizioni, workshop e appuntamenti che abbracciano le dimensioni racchiuse nell’acronimo I.D.E.A. – Inclusione, Diversità, Equità e Accessibilità.INCLUSIONE: creare un ambiente in cui tutti gli individui si sentano accolti, sicuri, rispettati, valorizzati e supportati per consentire la piena partecipazione e il contributo. DIVERSITÀ: ogni individuo è unico e ne riconosciamo le peculiarità. Origini etniche, genere (identità, espressione), orientamento sessuale, provenienza, status socio-economico, religione o convinzioni personali, stato civile, età e disabilità. EQUITÀ: identificare e rimuovere le barriere, soprattutto economiche, per garantire la piena partecipazione di tutte le persone e di tutti i gruppi. ACCESSIBILITÀ: progettare prodotti, dispositivi, servizi o ambienti per le persone con disabilità. Un insieme di soluzioni che consentono al maggior numero di persone di partecipare alle attività nel modo più efficace possibile. Quattro dimensioni e centinaia di intersezioni e sfumature, che intrecciano la vita di quasi otto miliardi di persone sul pianeta. Persone di ogni genere, razza, età, abilità, cultura, a cui per definizione il design plurale parla e si rivolge. La pluralità del design promosso da BASE racconta anche il percorso di co-ideazione e co-progettazione con attori generalmente non inclusi nelle conversazioni e strumenti del design contemporaneo. We Will Design non è solo uno spazio di racconto ed esposizione: è un percorso di sperimentazione che va avanti tutto l’anno con residenze e scambi internazionali, in cui le pratiche e le esperienze di design diventano strumento per leggere – e, talvolta, risolvere – le tante contraddizioni del nostro presente. Un banco di prova per progetti che, insieme a quelli di altri designer, vedono la luce e incontrano il pubblico proprio in occasione della Design Week. Per la Design Week 2023 We Will Design sviluppa queste riflessioni presentando una grande installazione di Claire Fontaine che accoglie il pubblico nella Ground Hall di BASE; i formati progettuali Temporary Home ed Exhibit – con progetti da tutto il mondo; We Will Design – Kids, con una serie di momenti a misura di bambino sempre collegati a valori di accessibilità e inclusione; We Will Design Music, con un ricco palinsesto musicale in collaborazione con Volvo Studio Milano e Le Cannibale.
MancDesign, Manchester School of Art, Gemma PotterEva Lotta Landskron, Do TouchSohyé Shin, Inside Out
LA DESIGN WEEK DI BASE NEL DETTAGLIO L’installazione di Claire Fontaine per BASE Claire Fontaine è un’artista collettiva fondata da James Thornhill e Fulvia Carnevale nel 2004 a Parigi. Dal 2017 vive e lavora a Palermo. Il suo nome è uno pseudonimo che suona come un nome di donna francese e si ispira all’orinatoio di Duchamp (Fontaine) e a una famosa marca di cartoleria francese (Clairefontaine), in modo da creare uno spazio di disoggettivazione in cui gli artisti che lavorano con questo nome possono sperimentare in libertà, senza bisogno di sentirsi costretti dal loro genere, razza o classe di nascita.In occasione della Design Week porta a BASE Milano una grande installazione immersiva per gli spazi della ground hall.Le opere prenderanno la forma di frasi LED che ci interpellano, ci sollecitano, ci provocano. Queste affermazioni luminose, che attivano domande più che consegnare risposte, donano materialità alle parole, facendole interagire con il mondo esterno, cambiando così la lettura della realtà che le circonda. E, con essa, la nostra interpretazione del mondo. La pratica di Claire Fontaine non si concentra sul genio individuale e sull’eccellenza della singolarità ma cerca l’attivazione delle forze e le forme contenute nella storia dell’arte e ne evidenzia il contenuto politico.Claire Fontaine utilizza diversi media e rifiuta l’obbligo di adottare un vocabolario di forme riconoscibile nel suo lavoro, piuttosto lo affronta come una ricerca sperimentale in corso, una continua esplorazione. Usa il video, la scultura, il testo luminoso, spesso il neon, la pittura, la scrittura letteraria e teorica.
Eva Lotta Landskron, Do TouchNewcomer Society
We Will Design 2023: formati e progettiTemporary HomeAnche quest’anno casaBASE – la guesthouse di BASE – diventa Temporary Home e si trasforma in una residenza sui generis per cinque designer e artiste donne provenienti da Francia, Inghilterra, Olanda, Grecia, Germania. Cinque stanze si fanno casa e luogo di sperimentazione delle designer, che qui svilupperanno, esporranno e racconteranno i propri progetti al pubblico. In particolare, l’artista Adi Hollander insieme con Otherabilities, Andreas Tegnander e Ildikó Horváth – in collaborazione con l’Ambasciata e il Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia – presenta “Haptic Room Study #2: Traveling Tactile Concert”, un’installazione sonora e un concerto itinerante aptico in cui i visitatori sono invitati ad ‘ascoltare con il proprio corpo’. L’installazione è l’arrangiamento di superfici tattili come assi di pavimento vibranti, superfici morbide e piastrelle di porcellana su cui il pubblico si potrà sedere, appoggiare o sdraiare per percepire il suono attraverso il tatto. Con “Butterflies of the Beautiful” Maria Varela – in collaborazione con British Council come parte del programma Circular Cultures e con il supporto di Onassis Foundation – traduce i report delle Nazioni Unite sull’uguaglianza di genere in farfalle generate da un algoritmo, prendendo spunto dal protagonista della storia di Nathaniel Hawthorne “The Artist of the Beautiful”, sottoponendo ad un punto di vista contemporaneo la battaglia tra estetica e praticità, la combinazione di Arte, Scienza e Tecnologia all’interno di un processo creativo e lo stato dell’ambito femminile contemporaneo globale.Sanne Visser – in collaborazione con British Council come parte del programma Circular Cultures – con il progetto “Locally Grown” lavora a contatto con i parrucchieri, attraverso dei tagli di capelli eseguiti in diretta su una sedia da barbiere ridisegnata, coinvolgendo il pubblico in un’installazione interattiva per mostrare come i capelli possano essere una risorsa riciclabile, aprendo un discorso più ampio su un futuro di sostenibilità a partire da questo materiale riutilizzabile.Con “Queering School/s”, la designer, artista, curatrice Emma Sfez – in collaborazione con l’Institut français Milano – lancia una sfida e una riflessione sui linguaggi, le rappresentazioni, le immagini, le strutture e le narrazioni che circolano e si sono radicate nel sistema educativo. Nel progetto “Botanical Role Play” di Louisa Wolf – promosso dal Goethe-Institut Mailand – studi di genere, femminismo e BDSM si intersecano con la botanica e il giardinaggio attraverso una varietà di strumenti, outfit e oggetti.
Hyukjoon Choi, Where positivity is plugged inThe Vanity Table (Ava Asaadi), Cosmetic Footprints
ExhibitUn luogo di ricerca e sperimentazione sul design democratico e plurale: Exhibit raccoglie i lavori di accademie, università – come la Scuola del Design del Politecnico di Milano, Université Jean Monnet Saint-Étienne, Manchester School of Art, Tecnológico de Monterrey – studi di progettazione, designer emergenti, e presenta la restituzione inedita di processi di residenza sviluppati nei mesi precedenti a BASE. Fra i designer partecipanti: Eva Lotta Landskron, con l’installazione “Do Touch” introduce uno stato intermedio tra solido e fluido, nella metaforica ricerca di una via alternativa agli estremismi e alle polarizzazioni del dibattito pubblico. Per Sohye Shin il progetto “Inside-Out” è un gioco, un’indagine su come le abitudini alimentari riflettano la pressione sociale. Juliette Van Der Mosten presenta “Meanders”, un gioco da tavola collaborativo a supporto delle famiglie che si confrontano con casi di demenza e altre patologie simili. Hyukjoon Choi porta “Where positivity is plugged in” un’installazione performativa che invita a riflettere sulle conseguenze della felicità obbligatoria e della necessità di avere un mind-set positivo imposta dai canoni contemporanei per aumentare la produttività. Per la designer Matilde Brizzi “Broccoli Bar” è un angolo conviviale che invita tutte le persone a sedersi e partecipare a dibattiti su fenomeni sociali che le riguardano o di cui subiscono gli effetti, ma che solitamente rimangono nei tavoli esclusivi degli ambienti accademici. Con “Amor? Luta!” Margarida Coelho rappresenta un necessario ribaltamento della propaganda politica con la parità di genere. I costumi tradizionali del folklore portoghese vengono ridisegnati, in collaborazione con le donne artigiane locali, con messaggi e simboli femministi. Attraverso la piattaforma fisica e online The Vanity Table, Ava Asaadi presenta “Cosmetic Footprints”, una serie di oggetti che catturano il valore degli articoli di cosmetica scartati, collezionati negli anni dalla designer. Con “My Dream Bunker” Studio Sophia Schullan riflette su come i giocattoli possano essere riprogettati per offrire alle future generazioni degli strumenti narrativi utili a crescere negli inevitabili effetti della crisi climatica. Quattro designer dall’Estremo Oriente, layer della Newcomer Society, dall’Accademia di Design di Eindhoven, espongono quattro progetti che spaziano da medium digitali a medium materiali, mappando uno scenario socio-culturale di atteggiamento consumistico, tramite la loro prospettiva nomadica nei Paesi Bassi. L’artista e designer Guus Hoeberechts esplora le idee normative attorno al concetto di famiglia con “(De)constructing family models”. La designer polacca Agnieszka Cieszanowska presenta “C l u s t e r e d”, con cui materializza il fenomeno della trypophobia, la paura o il disgusto verso i pattern irregolari di cerchi o buchi. Atelier Ad-Hoc con “co-LIZA” presenta un progetto focalizzato sull’inclusione di migranti, rifugiati e immigrati nella città di Bucharest tramite un’unità mobile e adattabile. Il designer e ricercatore Bruno Szenkpropone “I=Fe”, una riflessione auto-investigativa sull’essere materiale attraverso la creazione di utensili, documentazione e storytelling. Il collettivo AAA presenta i progetti di tre gruppi selezionati in base ai risultati ottenuti durante il corso di “Inclusivity Design” del Politecnico di Milano; Tangity Design Agency finanzia e dà il patrocinio all’iniziativa. Endelea, CO.ARCH ed Equilibri Furniture presentano “Karibu Kiti”, delle sedute ispirate dalle tipiche linee tondeggianti delle sedie tanzaniane. L’artista visiva e fashion designer Eungyun Kim affronta il tema della malattia e dell’autostima con il progetto “Dis+ease”. La designer Greta Ballschuh propone “Question of Matter”, una riflessione sulla relazione di reciprocità tra corpo e natura. Miocugino e Alvar Aaltissimo presentano “Case Milanesissime in 3D”, una descrizione dell’abitare temporaneo milanese del nostro tempo, in collaborazione con Corraini Edizioni, HPO, The Digital Circle. Standard404 & Eretico presentano “Cinema Parentesi”, un tributo al linguaggio contemporaneo delle immagini in movimento. L’interior designer Subin Seol riflette sul modo di ricordare l’architettura demolita tramite oggetti tangibili nelle nostre vite quotidiane con “Remembrance”.
Agnieszka Cieszanowska, C l u s t e r e dBruno Szenk, I=Fe. Credits RonaldSmits
Progettare per le fragilità future sarà il tema sviluppato dalla Scuola del Design del Politecnico di Milano focalizzato sul concetto di Design for All, approccio olistico al design fondato sull’inclusione sociale e l’uguaglianza. Con l’exhibit “MancDesign”, la Manchester School of Artespone i lavori accademici del Dipartimento di Design con un progetto collettivo che mostra come il design sia radicato nel “luogo”, collegato al passato, al presente e al futuro di Manchester. Gli studenti di design del Tec de Monterrey – Scuola di Architettura, Arte e Design (EAAD) al Tecnológico de Monterrey interagiranno con il pubblico per esplorare, riflettere e dialogare sui modi in cui il design si relaziona alle quattro dimensioni di I.D.E.A. Université Jean Monnet Saint-Étienne con il designer e ricercatore Ernesto Oroza presenta “Manger, Dormir, Communiquer”, un progetto realizzato con gli studenti di CyDRe, il 3° Ciclo della Scuola di Arte e Design di Saint-Étienne. Non una semplice esposizione, ma un “foyer” (in francese, “focolare”, un luogo di raccolta di una comunità) dove si può mangiare, dormire e comunicare, mettendo in discussione le nuove soluzioni apolitiche del design, opponendo resistenza tramite queste tre semplici mansioni umane. Il progetto “Costituire – materials.design.rights” promosso dal Festival Divercity, in collaborazione con il dipartimento di Design dell’Università di Firenze, si propone di inquadrare i problemi e le relazioni che intercorrono tra la società e l’ambiente, analizzando e decodificando il lavoro insieme – inteso come collettivo, atto orizzontale e partecipativo – come possibile antidoto al propagarsi dell’individualismo e alla mancanza di cura per l’Altro e l’Altrove che caratterizzano il nostro vivere contemporaneo. L’attenzione di “Costituire” verte dunque verso il design come pratica sociale, per la creazione di reti di emancipazione, di innovazione sociale, di comunità e cooperazione internazionale. L’impegno è quello di dar luce a chi racconta e cura le vulnerabilità, a chi vuole superare i modelli culturali dominanti e l’economia della performatività, declinando la cura come contraltare all’aggressione sistemica ai diritti e alla salute delle comunità marginalizzate, razzializzate e dal background migratorio, perpetrata anche attraverso lo strumento tecnico del design (o la sua assenza). Nell’ambito delle due residenze ospitate nel corso dell’anno da We Will Design e che hanno lavorato sul concetto di soglia e sull’abbattimento delle barriere della fabbrica ex-Ansaldo per mettere BASE in dialogo con la città, la ricerca di Analogique sfocia nel progetto “*FR*OG*”, una collezione di oggetti frugali, un processo-progetto che lavora sul tempo lungo delle dinamiche sociali, per innescare nuove relazioni tra gli edifici, il tessuto urbano circostante e gli abitanti di una porzione di città. Mentre Davide Tagliabue propone un’installazione che parte dall’elemento della scala, ed è allo stesso tempo luogo di transito e di ingresso al mondo domestico così come luogo di sosta in cui si vive lo spazio comune.
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